L’angolo della poesia: “Tra gli inferi e la vita” di Lucia Merola
Anche questa settimana ospitiamo nella nostra rubrica dedicata alla poesia una nuova firma. Si tratta di Lucia Merola, che ci viene presentata da Luigi Violano: «Per lei poesia e scrittura sono state, sin dall’adolescenza, una”terapia”, diventata di dominio pubblico solo dopo l’incontro con la poetessa Paola Bosca. È amministratrice del blog di divulgazione artistico-culturale “I rumori dell’anima”. Tappe importanti per la sua carriera artistica restano senza dubbio la targa di merito nell’edizione 2013 del premio “Alda Merini” per la poesia “Tra sogno e realtà”, inserita nell’antologia “Mille voci per Alda”(Ursini Editore), la partecipazione all’e-book “Alda nel cuore” (realizzato da Matteo Cotugno) e la pubblicazione di alcune sue opere in vari portali web, nella rivista”Orizzonti” (Edizioni Aletti) e nelle collane editoriali di poesia contemporanea “Poeti e poesie” (Edizioni Pagine) e “Memorial Miriam Sermoneta” (Edizioni Lunanera).»
Tra Lucia e Alda Merini c’è evidentemente un importante legame, come testimoniano anche questi versi (registrati alla Siae) a lei dedicati:
Tra gli inferi e la vita
Cantavi l’amore
tu che d’amore sognavi
e amore bramavi.
Hai conosciuto l’inferno
tu che anelavi al paradiso.
Tra gli inferi e la vita
ad un passo dall’abisso
combattevi i tuoi demoni
con forza feroce
gravida di dignità.
Piccola fragile donna
imbrigliata nel corpo
dalla candida camicia
ma roccia la tua mente
non imbrogliava il cuore.
Il tuo silenzioso grido d’amore
ha sciolto sassi di chi anima non ha.
Anche il demonio
ha avuto pietà di te.
E quel dio crudele
da te invocato
un dono te l’ha fatto
ti ha concesso la poesia
consacrando la tua vita
a quelli che come te
inseguono liberi
il sogno di una farfalla.
Ad aiutarci nella comprensione del testo è sempre l’amico Luigi Violano: «Siamo di fronte ad una poesia che, con un linguaggio semplice, ben descrive la personalità insigne ed “ossimorica” della Merini: “Hai conosciuto l’inferno/ tu che anelavi al paradiso…/”, “Piccola fragile donna/ ma roccia la tua mente…/”. Nel componimento, la versificazione usata è libera, di varia lunghezza e la punteggiatura non è usata in modo ricorrente, ma solo nei tratti in cui la Nostra, guidata dalla sua Musa ispiratrice, la ritiene necessaria per rendere nota a tutti l’intensità del proprio sentire interiore. L’autrice, inoltre, addita all’intera umanità ed in particolare alle donne la Merini come esempio di determinazione, umanità e dignità da seguire: “Combattevi i tuoi demoni /con forza feroce/ gravida di dignità…/”. Significativa, in chiusura di versi, la riproposizione, tutta manzoniana, del “Dio che opera il male per il bene dell’uomo”. Qui, però, il riferimento, forse, è ad un dio qualunque, laico e “crudele”, indicato con la lettera iniziale minuscola (“dio”), ma ugualmente datore di doni che, addirittura, fa della Merini stessa una dea sua pari: “E quel dio crudele/ da te invocato/ un dono te l’ha fatto/ ti ha concesso la poesia/ consacrando la tua vita…/”. Da notare, non da ultimo, il forte ossimoro presente nel titolo di questo componimento: “Tra gli inferi e la vita”, quasi a voler porre la Merini come spartiacque tra morte e vita, tra oppressione e riscatto dell’essere umano in generale ed in particolar modo della donna.»