Perché leggere (comunque) “Tre volte all’alba” di Alessandro Baricco
Il valore di un libro non si giudica dal numero di pagine. È vero, però, che quando questo è esiguo, si fa presto a tacciare l’opera come una trovata commerciale e/o un modo facile facile per onorare le scadenze contrattuali.
Certo, è davvero difficile che questo sospetto nasca quando tra le mani si tengono piccoli gioielli quali L’eco delle risaie di Anna Moї o la trilogia Kitchen–Plenilunio–Moonlight Shadow di Banana Yoshimoto; personalmente non l’ho avuto neppure leggendo Senza sangue di Alessandro Baricco, ma per Tre volte all’alba, il suo ultimo libro, sinceramente sì e credo anche di essere in buona compagnia. La sua uscita in libreria a così pochi mesi di distanza da Mr Gwyn, del resto, non depone sicuramente a suo favore.
Tuttavia, non mi sento di escludere – in alternativa o in aggiunta alle motivazioni opportunistiche – una spiegazione più “nobile”, ossia l’urgenza di far germogliare una storia (anzi tre) il cui “seme” è stato gettato dallo stesso Baricco nella trama del romanzo precedente, così come spiega nella nota iniziale.
Viste queste premesse, “la domanda nasce spontanea”, per dirla alla Lubrano: ma l’ultima “fatica” dell’autore torinese merita o no di essere letta?
Ebbene, la risposta, perlomeno la mia, non può essere sintetica.
Di sicuro, in queste pagine non c’è l’incanto di Mr Gwyn, quello che il miglior Baricco sa creare come pochi. I personaggi e le trame – o, meglio, le situazioni – sono sicuramente “baricchiani”, ma di magia ce n’è ben poca … e forse non solo a causa della brevità delle storie.
Inoltre, soprattutto nella prima parte del libro, l’autore fa un uso molto particolare della punteggiatura – ad esempio, nel riportare i dialoghi diretti – che ad alcuni forse piacerà e suonerà come piacevole originalità, mentre ad altri – compresa la sottoscritta – risulterà fastidioso e classificabile come “eccesso di bariccherìa”.
Certo è che chi ama questo scrittore non consiglierà a coloro che ancora non lo conoscono di cominciare a leggerlo partendo da Tre volte all’alba, mentre chi non lo ama di sicuro non sarà grazie a questo libro che eventualmente cambierà idea.
Tuttavia, del buono c’è anche in queste pagine e non solo per una questione di stile: ci sono immagini e pensieri su cui vale indubbiamente la pena soffermarsi.
Arrivando quindi a rispondere finalmente alla domanda iniziale, sì, ci sono alcuni buoni motivi per cui questo libro merita comunque di essere letto. Forse vi resterà il dubbio fino all’ultima pagina, ma la frase finale – bellissima – dovrebbe bastare a fugarlo definitivamente.