Trincea di coraggio: nella mente di un ex militare. Impatto psicologico da asbestosi correlata e da uranio impoverito
di Francesco Augello*
Il capolavoro dell’ingiustizia è di sembrare giusto senza esserlo. (Platone)
L’asbestosi, dal greco asbestos, indistruttibile o inestinguibile, è una malattia respiratoria cronica causata dall’esposizione all’amianto, un minerale fibroso ampiamente utilizzato nel passato in vari settori industriali. Questa patologia si sviluppa nel tempo a seguito dell’inalazione di fibre di amianto, che si depositano nei polmoni e causano infiammazione e cicatrici. L’asbestosi può avere un impatto significativo sulla salute psicologica dei pazienti, influenzando il loro benessere emotivo e la qualità della vita.
Uno degli aspetti più rilevanti dell’impatto psicologico dell’asbestosi, riguarda l’ansia e la depressione. I pazienti affetti da questa malattia possono sperimentare elevati livelli di ansia a causa della giustificata preoccupazione per la progressione della parologia, nonché per le implicazioni sulla loro salute e le sfide quotidiane che devono necessariamente affrontare. Inoltre, l’asbestosi può comportare una riduzione della capacità fisica, compromissione funzionale a carico di uno o più organi e, conseguentemente, portare a una diminuzione dell’autostima e della fiducia in se stessi, contribuendo all’insorgenza di sintomi marcatamente depressivi, come, in questi casi, forma più comune, la depressione reattiva, causata da eventi traumatici, con pensieri o, nei casi più gravi, agiti suicidari o di distimia, quest’ultima un disturbo dell’umore simile alla depressione, ma di gravità inferiore e una durata maggiore.
Tale condizione psicologica non è rara in chi, militari in primis, è esposto o è stato esposto per lunghi periodi, oltre che a scenari di guerra, ad ambienti ostili, a minerali fibrosi peraltro ampiamente utilizzati in contesti civili, come negli edifici di civile abitazione costruiti prima degli anni ’80, e impiegati ampiamente dall’isolamento termico e acustico, ai materiali da costruzione, agli impianti industriali, come anche in ambito di dotazione sportiva; si pensi alle frecce del tiro con l’arco, ma anche alle mazze da golf. Uno dei principali impieghi dell’asbesto nello sport avveniva, fino a non molto tempo fa, nelle piste di atletica. Le fibre di asbesto venivano aggiunte alla miscela di cemento per rendere la superficie più resistente e duratura. Tuttavia, a causa della scoperta dei rischi per la salute associati all’esposizione all’amianto, le piste di atletica contenenti asbesto sono state rimosse e sostituite con materiali più sicuri.
In passato, inoltre, l’utilizzo di tale inestinguibile minerale fibroso è stato ampiamente utilizzato nelle palestre e negli impianti sportivi per garantire anche qui un buon livello di isolamento termico e acustico. Anche in questo caso, a causa dei rischi per la salute legati all’amianto, i materiali contenenti asbesto sono stati gradualmente rimossi e sostituiti con alternative più sicure.
Sebbene la commercializzazione dell’asbesto sia stata vietata in molti paesi, a causa dei suoi gravi e deleteri effetti sulla salute, in contesti militari, nello specifico, per chi ha dovuto affrontare in passato delle missioni di guerra, l’esposizione all’asbesto e all’uranio impoverito, spesso, è stata elevata, grazie alle proprietà dell’asbesto, alla sua resistenza al calore e all’usura, così come l’uranio impoverito (UI), come sottoprodotto dell’uranio, per la sua caratteristica densità, superiore del 70% a quella del piombo e, dunque, come munizioni anticarro e in grado di abbattere i missili in volo, ma con effetti radioattivi e persistenza ambientale molto elevata. Ancora oggi, l’UI non è del tutto caduto in disuso in diversi Paesi del mondo, ciò malgrado le polemiche sulla legalità del loro utilizzo in scenari di guerra passati, come nella guerra del Vietnam, nei Balcani o in Iraq, per la realizzazione di armi militari.
Anche l’amianto è stato utilizzato nelle munizioni, specialmente nei proiettili per forzare, ad esempio, un alto attrito durante il passaggio attraverso il cannone e aumentare in tal modo la stabilità del singolo proiettile. Nella guerra del Golfo, l’amianto è stato utilizzato in alcuni equipaggiamenti militari come guarnizioni, isolanti termici e materiali di rivestimento, mentre nelle guerre jugoslave degli anni ’90, l’amianto è stato presente in varie munizioni, isolamenti, materiali da costruzione e veicoli militari utilizzati durante i diversi conflitti civili e secessionisti. Ne sanno qualcosa i tanti militari con servizio sulla Nave Scirocco “fregata anti sommergibili lancia missili” della marina militare italiana, appartenente alla classe Maestrale, oggi non più operativa e con 37 anni di servizio, dall’aprile 17 del 1982 al 20 febbraio del 2020.
Tra quei militari, dal 2002 al 2006, Lorenzo Motta, palermitano, classe 1981, oggi ex militare, sottocapo di terza classe della marina militare italiana, è stato impiegato in diversi contesti di guerra e di sicurezza; oggi, da oltre un decennio, seguita a combattere, lui come tanti altri militari, la propria battaglia su altri fronti: quello psicologico e, spesso, a causa di un rifiuto di un nesso tra patologia e causa di servizio, anche economico.
Per il personale civile e militare delle Forze Armate e del Comparto Sicurezza sussiste, infatti, il diritto a ottenere il riconoscimento di causa di servizio e della qualità di vittima del dovere.
C’è di più, Lorenzo Motta, a causa dell’esposizione ambientale, alla contaminazione da nano particelle di metalli pesanti e da uranio impoverito, ha contratto il linfoma di Hodgkin, ciò accertato da una esaustiva relazione clinica, redatta dal dr. Stefano Montanari e dalla scienziata dr.ssa Antonietta Gatti i quali, già nel 2012, confermarono la inequivocabile correlazione tra lo scenario di guerra, a cui l’ex militare era stato esposto, e il linfoma diagnosticato, un tumore del sistema linfatico che origina dai linfociti B, un tipo di globuli bianchi presenti nel sangue, nei linfonodi, nella milza, nel midollo osseo e in numerosi altri organi che compongono il tessuto linfatico.
Era il primo luglio del 2010 quando l’ex marinaio ricevette la notifica della non dipendenza da causa di servizio e il diniego del riconoscimento del diritto alla vittima del dovere. Il Ministero della Difesa non gliela riconobbe. In seguito, nel 2016, il massimo organo della giustizia amministrativa, il Consiglio di Stato, gli riconobbe piena ragione e, certamente, direbbe Cicerone, non abtorto gula, dichiarando che non è “[…] sempre possibile stabilire un nesso diretto di causalità tra l’insorgenza della neoplasia ed i contesti operativi complessi o degradati sotto il profilo bellico o ambientale in cui questi è chiamato ad operare…”. Ciò, nonostante si sia voluto manifestare, clinicamente e in altra direzione, che “l’esistenza di uno studio retrospettivo sulla mortalità causa-specifica della intera coorte dei militari inviati in missione nei Balcani (G Med Mil. 2014; 164(1): 9-18) chiarisce in maniera definitiva, almeno per quanto concerne la mortalità, che essere stati in missione operativa in Bosnia o Kosovo non ha determinato un maggior rischio di decessi per patologia neoplastica maligna”.
E così, per quest’altro e diverso fronte, per Lorenzo, alla stregua di ancora tanti militari, – senza contare gli ottanta deceduti per neoplasia maligna nella coorte dei “Balcani” dal 1995 al 2008 (dati dell’Osservatorio Epidemiologico della Difesa, Bollettino Epidemiologico della Difesa #2) – una guerra silente seguita a compiersi, a volte fatta di indifferenza, di privazione e, nella sua memoria familiare, di stenti e sacrifici, ma anche, oggi, da compromessa capacità muscolare ad un arto superiore.
Da quel momento, un countdown nella mente dell’ex militare computa le istanze, assai comprensibili, delle sequele psicologiche sempre in agguato, alcune “frenate” con doveroso sostegno psicoterapico. Ansia, senso di impotenza, la paura e la tristezza possono contribuire allo sviluppo della depressione, disturbi del sonno, cambiamenti nell’immagine corporea, spesso i trattamenti per il linfoma di Hodgkin, come la chemioterapia o la radioterapia, possono causare la perdita dei capelli e altri cambiamenti fisici evidenti che influiscono sulla percezione dell’immagine corporea e sull’autostima e, da non sottovalutare, difficoltà cognitive.
Alcuni pazienti affetti da linfoma di Hodgkin possono sperimentare una “nebbia mentale”, meglio nota come offuscamento della coscienza, mostrando apatia e inerzia, o difficoltà di concentrazione a causa dei trattamenti o dello stress vissuto. Vi è anche un secondo countdown, subdolo, che in modo pericoloso si insinua nella mente del malato da linfoma di Hodgkin, l’incertezza sul “fine vita”, giacché, non è improbabile, per quanto la casistica sia limitata nelle percentuali, che questo tipo di linfoma, progredendo, possa invadere il flusso sanguigno e diffondersi in altre regioni del corpo: midollo osseo, ossa, polmoni, fegato, trachea e bronchi.
Lorenzo Motta, oggi coordinatore del Dipartimento di tutela delle vittime del dovere (ONA – Osservatorio Nazionale Amianto), per servire il senso di giustizia e con animo paterno, cui rimanda l’aggettivo “patrius, patria, patrium” che trascina, in forma sottintesa, il sostantivo di “terrae o telluris”, dunque, terra del padre o, per altri, terra degli avi, ha con onore rappresentato l’Italia e la sua bandiera in ogni missione a cui ha partecipato, come, fra le tante, nei Balcani, la missione denominata Enduring Freedom per la pacificazione in Afghanistan, dal gennaio al giugno 2004.
L’ex sottocapo della marina, probabilmente, ha posto in luce delle verità scomode, occultate dagli alti vertici, tanto nei numeri, quanto nelle procedure militari, (assenza di protettivi da uranio impoverito, da asbestosi, ecc.) mai del tutto rispettate, come lo stesso ebbe a dettagliare in un resoconto stenografico del Senato della Repubblica nel gennaio del 2012, (Senato della Repubblica – XVI legislatura, resoconto stenografico n. 56, 58ª seduta), “[…] con particolare attenzione agli effetti dell’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito e della dispersione nell’ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico e a eventuali interazioni”:
“Le tante precauzioni dichiarate dal Ministero della difesa vi posso assicurare che non c’erano: noi eravamo dotati di maglia a maniche corte, pantaloncini corti, calze di materiale leggero e scarpe in tela (vista la stagione calda e le alte temperature), a differenza del personale delle Forze alleate, che era dotato di alte protezioni, situazione che noi giovani italiani prendevamo addirittura in giro”
I militari colpiti dalla Sindrome del Golfo e poi dalla Sindrome dei Balcani, secondo i dati dell’Osservatorio Militare, sono ad oggi 7.693 e quelli che hanno perso la vita 372. Non sorprende, in linea con quanto già ivi evidenziato sul piano psicologico, la stessa testimonianza dell’ex militare di marina:
«Sono dovuto andare in cura al Centro di Igiene Mentale perché non riuscivo più a vivere. A volte pensavo realmente di suicidarmi perché la mia vita non aveva un senso. Senza soldi, senza stipendio, una moglie incinta, sfrattato da casa e per vivere andavo a lavare i piatti in un ristorante. Mi ritrovai senza nulla dopo aver avuto tutto».
Ciò che sorprende, semmai, è che, spesso il primo supporto emotivo, necessario, de jùre, è legato al riconoscimento di un danno fisico o biologico subìto, pur senza voler addebitare responsabilità dirette o indirette, ma al contempo senza negare l’evidenza oggettiva. L’impatto psicologico, tuttavia, si amplifica, di conseguenza, quando viene negato il riconoscimento dell’indubbio e, con esso negando, il sostegno da parte di quell’entità politica, economica e istituzionale che comanda le forze armate e che fa rispettare le leggi, in una sola parola: lo Stato.
Le terapie di sostegno, come la terapia psicologica, i gruppi di supporto o il coinvolgimento in attività che promuovono il benessere mentale possono aiutare ad affrontare gli effetti psicologici deleteri della malattia. In alcuni casi, può anche essere utile coinvolgere familiari o amici nel processo di cura per fornire un sistema di supporto solido. È importante sottolineare che gli effetti psicologici del linfoma di Hodgkin possono estendersi anche ai familiari dei pazienti. L’angoscia che agita la persona affetta da questa “ombra nera” che oscura l’anima, come la si definiva un tempo, la depressione, agisce come onda d’urto nel contesto in cui l’individuo è immerso, coinvolgendo e sconvolgendo al tempo stesso l’intero nucleo familiare.
La sofferenza e l’ansia legate alla salute di una persona cara possono avere un impatto significativo anche sulla salute mentale dei familiari, incidendo significativamente sul carico emotivo del nucleo parentale e in quello legato ai legami da socializzazione secondaria. Il concetto di patria, come quello di famiglia, risentono di una grande affinità, lo ha scoperto a sue spese Lorenzo Motta; il suo sentimento, sin da quando si arruolò, appena diciottenne, fu senz’altro un sentimento affine a “casa” in ogni territorio di guerra esplorato, lì, comprendendo, però, che la famiglia e la patria non vanno mai declinate in prima persona, ma in quanto convinzioni proprie, intime idee del volerle vivere, vivono, oltre che in noi, al di là di noi, oltre se stessi. Per Lorenzo, come per ogni militare, la propria patria è sempre stata quella che si veste di parti altre, di culture e tradizioni dei luoghi chiamati, nella loro composita coesistenza, a essere difesi. Sono luoghi, così come la Patria, spesso carichi di contraddizioni, le stesse contraddizioni che la psicologia è chiamata a indagare per rimuovere quelle tante e altrettante contraddizioni che si instillano nella mente di chi non sa darsi spiegazioni circa il torto o il male subito e che lo abita per una o più circostanze; contraddizioni di cui l’individuo, così come la propria dimora, la propria famiglia e la propria patria, non ne sono mai del tutto esenti né liberate, ma che nel viverle, tutto sommato, ci fanno sentire ugualmente bene.
Forse anche per questo, l’ex militare della marina italiana, Lorenzo Motta, “arruolato da sempre alla giustizia e all’onore”, ancor prima di esserlo stato alla marina militare italiana, come lo stesso afferma, non ha mai perso il suo sorriso.
*Pedagogista (L. 205, Com. 594 ‐ 601) Docente in Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento – informatica, analisi, sistemi Esaminatore nazionale certificazioni digitali AICA. Saggista esperto in discipline socio-pedagogiche sperimentali e andragogiche. Coordinatore e progettista Area Interventi Sociali e disabilità. Consulente informatico forense per FF.OO. e Procure – CTU c/o Tribunale di Agrigento per le attività di indagini peritali, frodi telematiche e tutela dei minori nativi digitali.
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[11]https://www.difesa.it/GiornaleMedicina/Osservatorio_epidemiologico/Documents/Bollettino_Epidemio
logico_2.pdf (08.07.2023)
[12] https://ilgiornaledellambiente.it/motta-marina-militare-sindrome-balcani/ (08.07.2023)–
Grazie di cuore a chi ha voluto dedicare il suo tempo in un’ analisi a dir poco perfetta. A volte ciò che una persona non riesce ad esprimere lo si vede tramutato in questo testo che rappresenta la piena verità non avendo il sottoscritto mai conosciuto chi lo ha scritto ma sorprende l’analisi effettuata.
Complimenti veramente, queste sono le persone che vogliamo che ci analizzano e non chi pur di nascondere la verità trae sporchi benefici economici.
Una lettura diversa da tante altre che ho trovato parecchio interessante. Parecchio esaustivo, sono rimasta incredula su molti passaggi del testo. Non conoscevo la vicenda del militare. Un’analisi dettagliata che certamente non mi sorprende considerato lo spessore professionale e culturale dell’autore e per ‘attenzione che mostra in tutti i suoi testi per le tematiche socio psicologiche e educative che a oggi ho letto sempre piacevolmente.
Molto, molto interessante questa tematica.
Avevo letto già sull’argomento, ma sconoscevo la questione delle palestre e delle mazze da golf. La vicenda dell’ex militare ha dell’incredibile. Interessante poi i risvolti psicologici che l’autore dettaglia e che spesso invece vengono tralasciati parlando solo di malattie e tumori in generale.
Non capisco come si possa arrivare a tanto. Un titolo azzeccatissimo quello scelto dall’autore, perché ci vuole davvero tanto coraggio a sopportare tutto ciò. Non avevo mai pensato a quanto descritto minuziosamente dall’autore. Sono rimasta davvero basita.
Faccio i complimenti al miogiornale.org per la qualità dei contenuti proposti.
Non lascerò un commento sull’autore che conosco molto bene per il suo raffinato acume, sarei fin troppo di parte. Voglio dedicare due righe all’argomento e nel farlo mi congratulo con il giornale che ha avuto l’attenzione di pubblicare una tematica così importante e spesso, negli ultimi anni, a mio avviso, un po’ messa in sordina per dare spazio a una certa informazione “acchiappa like”. E’ un bene che non si trascurino informazioni così importanti portandole all’attenzione del pubblico. L’asbestosi è una malattia grave e mortale, ne so qualcosa per diretta testimonianza di un amico, anche lui come il Sig. Motta vittima per cause analoghe. Malattia causata dall’esposizione alle fibre di amianto, e purtroppo ancora troppo poco conosciuta. Spero che questo contributo fornito dal dr. Augello possa aprire una discussione più ampia, anche su questo giornale, sulla tutela dei lavoratori esposti all’amianto e spingere le istituzioni locali se non quelle nazionali, a prendere misure più efficaci per prevenire futuri casi di asbestosi. Quando giro per la mia Palermo il solo vedere dei recipienti d’acqua realizzati con materiale eternit e che il governo locale e regionale avrebbe dovuto far rimuovere con la forza, mi indigno fortemente nel vederli ancora lì e sempre più logori e abbandonati al totale sgretolamento. La gente che abita nelle zone limitrofe non sa che l’eternit produce i suoi danni proprio in estate con i picchi di temperatura, poiché polverizzandosi, l’eternit diventa nano polvere alimentando il cancro ai polmoni per inalazione. Non servono i regolamenti locali, non servono le leggi, ma un minimo di cervello per tutelare la vita.. La polizia locale dovrebbe verificare, multare e rimuovere coattivamente detti pericoli.
Gentile Francesco, siamo noi a doverla ringraziare per il contributo che ci ha inviato che sottolinea l’importanza di un argomento troppo, troppo ignorato e che, invece, dovrebbe essere affrontato in modo efficace, soprattutto in alcune regioni dove l’eternit è ancora lasciato in giro in modo indiscriminato, mentre come lei suggerisce andrebbe rimosso una volta per tutte anche in modo coatto per tutelare la vita di tutti.
Argomento che merita una profonda riflessione e dibattito. Molto interessante.
Non conoscevo la vicenda del Signor. Motta a cui accenna, tra un passaggio e un altro, lo scrittore in questo interessante pezzo. Mi sono documentato per quel breve e poco possibile, trovando anche dei video e sono rimasto assai incredulo su una vicenda così nascosta per non parlare degli effetti psicologici dettagliati o di come sia stato brutalmente impiegato l’amianto ai danni di giovani e adulti.
A volte mi vergogno di stare in questa Italia, e forse capisco perché i miei figli siano voluti rimanere all’estero e vedere l’Italia solo come luogo di vacanza.
Titolo che racchiude quanto con grande lucidità riporta il dr. Augello.