“Umberto D.” e i poveri pensionati italiani
Qualche giorno fa, mentre facevo zapping alla televisione, mi sono imbattuta nelle immagini del capolavoro cinematografico del grande Vittorio De Sica, Umberto D.
Non era la prima volta che guardavo questa pellicola, eppure ogni volta che vedo quelle immagini il mio cuore si incupisce e le lacrime scendono da sole.
Sarò troppo emotiva? Forse si, ma il capolavoro senza tempo del cinema neorealista firmato De Sica – Zavattini, rappresenta uno spaccato sociale che risulta ancora oggi attualissimo e che tocca il cuore dei suoi spettatori come pochi film fanno.
Umberto Domenico, interpretato da Carlo Battisti, è un anziano ex funzionario dei lavori pubblici, ridotto alla misera paga di 18.000 lire al mese, che si ritrova a doversi battere per impedire di venire sfrattato dalla sua casa. Un uomo mite, silenzioso, ridotto a non essere più (economicamente) in grado di sopravvivere, ma che rimane sempre legato all’amore per il suo unico amico, il suo cane Flick. Un film che tocca una crudeltà lucida senza compromessi sentimentali, fuori dalla drammaturgia tradizionale, il cui principale “perno tematico” risiede nei grandi temi della vita di ognuno quali la vecchiaia, la solitudine e l’amicizia.
Gli occhi tristi dell’allora professore universitario in pensione, Carlo Battisti, sono, purtroppo, gli occhi di tanti anziani italiani, che oggi vivono di stenti e in una situazione economica tragica. Il caso di Umberto è proprio simbolo di una categoria sociale che già allora, e ancora peggio oggi e chissà nel prossimo futuro, vive una situazione economica tremenda. L’impossibilità di sostenersi senza l’aiuto di nessuno, rafforza le problematiche degli anziani: la solitudine, l’abbandono, i legami affettivi. L’amore tra il cane Flick e Umberto è grandissimo, proprio come quello di ogni pensionato solo, che si affeziona a chi lo circonda. Ma purtroppo, né allora, né oggi, né domani, si può vivere di sola amicizia. Un uomo anziano, con una misera pensione, che deve pagare affitto di casa e tasse non riesce neppure a fare la spesa. Proprio come faceva il protagonista del film di De Sica, tanti pensionati italiani vanno a mangiare alla mensa dei poveri.
Consiglio a tutti di guardare questo magnifico film, che oggi, da adulta, mi ha fatto riflettere, ancor più di quando lo guardavo da ragazzina con mio padre.
Prima o poi anche noi diventeremo come Umberto, e forse ancora peggio. I nostri contratti lavorativi, non ci permetteranno neppure di avere una minima pensione, come quella dell’anziano romano. Come faremo a vivere? Saranno i nostri figli a sostenerci? Ma come faranno se i loro contratti saranno sempre precari come quelli che abbiamo ora noi? Quale futuro attende le nuove e le vecchie generazioni italiane?
Umberto D è stato uno tra i primi, chissà quando e se ci sarà l’ultimo “povero pensionato italiano”.
Giusy Chiello
Redattore Capo
è davvero un bel film, e lo scatenarsi di tante domande è d’obbligo!
Brava Giusi!
non ho mai visto il film e quindi non posso esprimere giudizi su quello, ma certo posso dire che mi è piaciuto molto il tuo articolo e che condivido i tuoi dubbi e timori