UN CONVEGNO PER FOCALIZZARE I BISOGNI DEL PAZIENTE ANZIANO

A supporto adeguati approcci diagnostico-terapeutici e relazionali con il medico

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)

In continua ascesa l’attività della Società scientifica Sismed con proposte di aggiornamento per medici di famiglia ed altri specialisti, attraverso convegni come quello regionale piemontese (del 5 novembre scorso) sul tema La Governance della cronicità. Attualità nella gestione integrata del paziente cronico, presieduto dal consigliere nazionale dott. Bruno Bertagna. Tra gli argomenti trattati nello specifico il dott. Bertagna ha evidenziato la presa in carico condivisa dell’anziano fragile, confrontandosi con colleghi, infermieri, operatori sanitari e caregiver. Interessante, ai fini statistici, sapere che in Italia gli ultra 65enni sono 14 milioni, gli ultra 75enni sono 7 milioni e i centenari 17.177; mentre in Piemonte gli ultra 65enni sono 1.113.405, e a Torino 222.101. Relativamente alle condizioni di salute (2019) il 32,3% del over 65 è affetta da patologie croniche gravi, 3,8 milioni sono gli anziani con riduzione dell’autonomia e 1 milione gli anziani con necessità di ausili e/o assistenza perché non autonomi. È un quadro che richiede una certa attenzione in quanto si delinea l’importanza della prevenzione delle malattie, della fragilità degli incidenti domestici in particolare, delle complicanze iatrogene ed azioni di contrasto dei problemi psicologici. Ma cosa è oltremodo utile consigliare? «L’astensione dal fumo – ha suggerito il relatore –, avere un’alimentazione corretta, regolare esercizio fisico, adesione ai programmi di screening delle malattie croniche, chemio prevenzione e attivare relazioni sociali in positivo. Come pure una certa attenzione va data al problema della malnutrizione. A riguardo, nei pazienti anziani fragili indicati i supplementi nutrizionali orali che migliorano o mantengono lo stato nutrizionale; tra questi molto indicati sono i prodotti nutraceutici (nutriente più farmaceutico), in quanto svolgono la specifica funzione di migliorare lo stato di salute e di prevenire il rischio di malattie». Dal punto di vista neuropsicologico in taluni di questi pazienti si può manifestare il disturbo neuro cognitivo, i cui fattori di rischio vanno dall’età avanzata alla famigliarità, dall’ipertensione e disfunzioni metaboliche alla malnutrizione, dalla depressione all’isolamento sociale. Ma quale trattamento è indicato per il declino cognitivo? «Ad esempio programmi di stimolazione cognitiva – ha spiegato il clinico – training cognitivi specifici, alimentazione controllata, esercizio fisico, etc. Il declino cognitivo della popolazione trattata è risultato essere molto più basso del previsto; è stata rgistrata una significativa stabilizzazione delle prestazioni cognitive e funzionali nella vita quotidiana, e minor progressione dell’atrofia cerebrale rispetto al gruppo di controllo». Inoltre, dalle Linee guida relative alla nutrizione enterale dei pazienti anziani, emerge che in coloro che sono affetti da deterioramento cognitivo lieve, i supplementi nutrizionali orali possono assicurare un adeguato apporto energetico e di nutrienti e prevenire la malnutrizione. Prodotti nutraceutici selezionati possono risultare effiaci nel contenere il danno neuronale e prevenire la progressione della malattia.

«Quindi – ha precisato il dott. Bertagna, richiamandosi al supporto nutrizionale (di Paolo Orlandoni e Giancarlo Sandri) – un quadro clinico efficace è dato dalla conoscenza approfondita dei prodotti esistenti, individuazione degli obiettivi nutrizionali da raggiungere, inserimento in un programma nutrizionale, interazione con i farmaci, prescrizione personale specialistico». Per quanto riguarda i problemi sanitari della popolazione anziana, gli stessi comprendono comorbilità, poli farmacoterapia, fragilità, disabilità, perdita di autonomia e autosufficienza. Relativamente al carico malattia il relatore ha passato in rassegna alcuni dati essenziali. Circa un anziano sue due soffre di almeno una malattia cronica grave o da multi cronicità che, nello specifico, prevale nelle donne anziane; le malattie maggiormente rappresentate sono quelle cardiovascolari, diabete, demenze, tumori, malattie polmonari croniche ostruttive (BPCO) e problemi muscoloscheletrici. Il 23,1% degli anziani ha gravi limitazioni motorie, la popolazione anziana oggi in Italia determina il 37% dei ricoveri ospedalieri ordinari e il 49% delle giornate di degenza. Il relatore ha quindi posto in evidenza che conseguentemente il 58,1% degli anziani con grave riduzione di autonomia dichiara di aver bisogno di aiuto e di averne in misura insufficiente; nel 2019 l’indennità di accompagnamento dell’Inps è stata riconosciuta a 630 mila persone. La spesa sanitaria  in Piemonte per questi pazienti è di cica 2.000 euro all’anno a persona, gli anziani in carico all’Asl Città di Torino per l’assistenza domiciliare è di 8.000/10.000. A livello nazionale i costi complessivi diretti e indiretti per l’assistenza agli anziani con disabilità è di 10/12 miliardi di euro all’anno; inoltre sono più di 3 milioni le persone coinvolte tra (famigliari e badanti) nell’assistenza ai cittadini con disabilità.

Un altro aspetto non meno significativo nella pratica clinica ha riguardato il tema Strategie per una comunicazione efficace medico-paziente: saper comunicare e sapersi relazionare con l’Altro, a cura degli psicologi-psicoterapeuti Elena Gerardi e Luciano Peirone. Aspetto, questo che talvolta pone dei dubbi comunicativi soprattutto di un giovane medico. «Il vissuto – ha precisato la dr.ssa Gerardi – è quello di una “sofferta” empatia, quello di una “identificazione proiettiva” con il proprio paziente, un mettersi nei suoi panni che, se gestito con equilibrio, renderà questo medico un buon medico». Quindi l’aspetto trainante del rapporto medico-paziente sembra essere la relazione attraverso la comunicazione. In psicologia, va precisato, la relazione è uno dei principali fattori costitutivi e relazionarsi implica ovviamente la partecipazione; di conseguenza si può dedurre che comunicazione e relazione sono termini che convergono per una sorta di “scambio” fra le parti, in questo caso medico e paziente. «La relazione medico-paziente – ha spiegato il dr. Peirone – in primis è di tipo asimmetrico a causa dei differenti ruoli e differenti livelli di competenza-autorevolezza. Ma a seconda delle circostanze, può e deve affiancarsi il tipo simmetrico, soprattutto per quanto riguarda l’interazione fra persone e quindi i temi della dignità del rispetto. Ne consegue la necessaria dotazione di quelle virtù che devono essere proprie del medico, ossia sensibilità e delicatezza, oltre alla fermezza». È quindi impossibile non comunicare e non relazionare, avendo cura di evitare possibilmente l’uso degli acronimi e cercare di capire il livello di comprensione del proprio assistito ai fini di una buona prosecuzione della comunicazione clinica. Il relatore ha ulteriormente ben illustrato il concetto della comunicazione corporea e/o paralinguistica, precisando: «L’esempio peggiore consiste nel “modello automa” o “modello routine”, che equivale alla rigidità corporea, stessi gesti, stesso tono di voce; alla “piattezza esistenziale”, ossia la comunicazione fredda soprattutto dal punto di vista emotivo, percepita dal paziente come “disinteresse” nei suoi confronti. Va da sé che la fretta è il peggior nemico della comunicazione e della relazione, la calma e la pazienza sono le principali virtù comunicative e relazionali. Ma non meno importante è la comunicazione attraverso lo sguardo in quanto l’espressione visiva è la parte del corpo che viene percepita più di ogni altra e che, più di ogni altra, comunica lungo il canale extra-verbale». E che dire della capacità di percepire e interpretare lo stato d’animo del paziente? Secondo lo psicologo-psicoterapeuta non è meno importante porre la dovuta attenzione alla disciplina medica e a quello che “prova” il paziente come ad esempio le sue sensazioni in relazione al suo stato sofferente (corpo e psiche), che in realtà si tratta della capacità (soggettiva) di saper sentire dal punto di vista psicologico. Quindi, disponibilità all’ascolto, non certo in modo distratto e superficiale. «Il buon medico – ha precisato lo psicologo-psicoterapeuta – non deve dimenticare che all’interno della “relazione a due” è il paziente ad essere maggiormente motivato…, il buon medico deve saper ascoltare con l’orecchio e… con il cuore! Deve guadagnarsi la fiducia del suo paziente e nel contempo la sua fiducia con disinvoltura e creatività; mostrarsi competente, sicuro ed efficace e nel rispetto dei tempi necessari. A coronamento di tutto ciò subentra l’empatia, estremo aspetto della comunicazione e della relazione, il cui concetto va consolidandosi attraverso la motivazione, sensibilità, sintonia emozionale, il pathos, l’attitudine, la vocazione, la personalità, l’atteggiamento (modo di porsi) e il coinvolgimento». Ma in sintesi, secondo il relatore, la strategia comunicativa e la relazione comprendono la capacità di bilanciamento fra competenza, comunicazione e relazione; di intuire e comprendere le emozioni; di attivare la regolazione emotiva (e affettiva), di capire le intenzioni, di attivare l’empatia, e infine, capacità umana nell’essere accogliente. Ecco che il rapporto fra le parti si fa più “intenso”, quale preludio ad una buona alleanza terapeutica.

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