Un ergastolano da Papa Francesco
Riceviamo e pubblichiamo:
Il Magistrato di Sorveglianza concede il permesso di raggiungere Roma per partecipare in data 24. 02. 2016 all’Udienza Generale di Papa Francesco. Il detenuto uscirà dalla casa di Reclusione di Padova alle ore 9.00 del 23 febbraio 2016 e vi farà rientro alle ore 20.00 del giorno 25 febbraio 2016.
Mi sono sempre considerato un “Senza Dio”. E mi sono spesso definito un ribelle sociale. Ho sempre detto di no a tutti. Spesso persino a Dio. E a volte anche a me stesso. In venticinque anni di carcere non ho mai pensato, sognato o immaginato, che un giorno sarei uscito dalla mia cella per andare a Roma a vedere un papa.
Martedì, 1° giorno:
Esito un momento nel traversare l’ultimo cancello. Cerco di nascondere la mia insicurezza. Poi proseguo deciso. E sono fuori. Tutte le volte che esco dal carcere e non trovo nessuna parerete intorno a me provo la stessa ansia, paura e felicità della prima volta. Sembra quasi che senza mura intorno a me, io mi senta soffocare ed entri troppa luce nel mio cuore. Mi ubriaco subito di felicità. E non capisco più nulla. Il mio stato d’animo si altera. E mi rendo conto dei danni che tanti anni di carcere duro e una pena crudele che non finisce mai hanno recato alla mia mente e al mio cuore. A questo punto penso che non riuscirò più a ritornare una persona normale perché esco sempre con la convinzione che il mio mondo è scomparso per sempre. E credo che l’Assassino dei Sogni (il carcere come lo chiamo io) non solo mi abbia sconfitto, ma abbia anche ucciso la parte migliore di me.
Mercoledì, 2° giorno:
Ho sempre pensato che la speranza aiuti gli umani a far battere il cuore perché, finché speri, sei vivo. E oggi mi sento vivo. Nella mia vita sono sempre stato pronto a tutto, anche ad andare all’inferno, ma non ho mai pensato di capitare da queste parti. Forse, per una volta, il destino ha voluto essere clemente con me.
La prima cosa che penso quando entro nella Città del Vaticano è di chiedere asilo politico a Papa Francesco o d’incatenarmi a Piazza San Pietro per far sapere al mondo intero che in Italia, patria del Diritto Romano e della Cristianità, esiste una pena dove nel tuo certificato di detenzione scrivono Fine pena: 9.999. Poi scaccio questa bella idea (o brutta, a seconda dei punti di vista), perché penso che i miei figli non me la perdonerebbero. Forse, però, i miei nipotini sarebbero d’accordo, ma mi conviene non rischiare. Mi guardo intorno. Lo vedo. E il mio cuore gli parla:
Francesco, il carcere non rieduca nessuno, ti fa diventare solo una brutta persona. E se fai il “bravo” è solo perché sei diventato più cinico di quando sei entrato. Francesco, è difficile spiegare cosa accade nella testa di un ergastolano quando in lui non c’è più futuro perché il suo domani è un domani senza più sogni, progetti e speranza. Francesco, l’unica ragione per pensare al futuro è un fine pena, ma noi non lo abbiamo perché la società ormai non ci vede più come umani, ma come mostri, forse perché lo sono un po’ anche loro. Francesco, senza speranza non si è più veri umani.
Grazie di darci voce e luce. E di avere abolito la pena dell’ergastolo nella Città del Vaticano definendola “Pena di morte mascherata”. Purtroppo, i politici italiani non ti danno retta; forse perché sono poco cristiani e continuano a fare orecchie da mercante. Francesco, più che credere in Dio, ho sempre preferito credere nell’uomo. Per questo più di credere a lui, credo in te.
Non sento il minimo rumore. In tutta la piazza regna un silenzio assoluto. Sentimenti ed emozioni fanno a pugni fra di loro dentro il mio cuore. Penso a quante cose belle mi sono perso nella mia vita. Non riesco a non pensare che non dovrei essere lì. E che quello non è il mio posto. Io dovrei essere in un altro posto. Dovrei essere chiuso nella mia cella. Penso a come è possibile che sono lì. Credo che i conti non tornino. Ad un tratto mi tranquillizzo perché mi convinco che non sono a Piazza San Pietro davanti a papa Francesco. Sono solo dentro un sogno. E presto mi sveglierò nella mia tomba. Mi convinco che questo non è altro che uno dei soliti sogni, uno dei tanti che ho fatto in questi venticinque anni di carcere. Sono invaso da una felicità bianca. Per una volta mi permetto il lusso di essere me stesso e mi commuovo.
Giovedì, 3° giorno:
Nel viaggio di ritorno in carcere cerco di raccogliere le idee, ma non ci riesco perché penso che sarà difficile che dopo tutti questi anni di prigione riesca a riprendere in mano il mio destino. Poi penso che i giorni in carcere sono senza vita. Ti scivolano addosso senza che te ne accorgi perché qualunque persona per vivere ha bisogno di sperare e di sognare. Ed è difficile farlo senza alcuna certezza e con un fine pena nel 9.999. Poi, prima di lasciarmi riseppellire vivo, penso che è stata una bella avventura e decido di “portare” Papa Francesco nel mio cuore per tenermi compagnia. Spero che non si arrabbierà se l’ho portato in carcere con me.
Carmelo Musumeci
Padova, marzo 2016
www.carmelomusumeci.com
A TGTG di TV2000, la storia di Carmelo: