Un motivo per essere orgogliosamente italiani
Per molti di noi i concetti di “schiavitù” e “tratta degli esseri umani” evocano fenomeni lontani storicamente o, quanto meno, geograficamente. Eppure, nella sua prima definizione giuridica internazionale, elaborata dalla Società delle Nazioni nel 1926 – “lo stato o condizione di un individuo sul quale si esercitano gli attributi del diritto di proprietà” – la nozione di schiavitù abbraccia fattispecie moderne, quali il traffico a fini di sfruttamento sessuale e lavorativo, che l’Italia purtroppo ben conosce, in quanto terra dall’ubicazione e conformazione fisica strategiche per l’immigrazione clandestina che alimenta questo tipo di illeciti.
Per questo motivo, ci sentiamo di dover salutare con favore la definitiva approvazione (3 giugno 2010) del disegno di legge che ratifica e dà esecuzione alla Convenzione del Consiglio d’Europa in materia, firmata a Varsavia il 16 maggio 2005, volta a prevenire la tratta e perseguirne i responsabili, proteggendo al contempo i diritti umani delle vittime: in particolare, “considerato che la tratta di esseri umani costituisce una violazione dei diritti umani e un’offesa alla dignità e all’integrità dell’essere umano” (così testualmente la Convenzione), si mira – tra le altre cose – a proteggere la vita privata e l’identità delle vittime, anche rispetto alla diffusione mediatica (art. 11), nonché a garantire l’assistenza necessaria per il loro recupero fisico, psicologico e sociale (art. 12); viene inoltre introdotto il c.d. “periodo di riflessione” (art. 13), perché la persona che ragionevolmente si ritenga sia una vittima “possa ristabilirsi, sfuggire dall’influenza dei trafficanti e/o prendere consapevolmente delle decisioni sulla sua collaborazione con le autorità competenti. Durante questo periodo non sarà possibile mettere in atto alcun ordine d’espulsione contro di essa”.
È doveroso segnalare che l’iniziativa si colloca lungo un solco già fermamente tracciato dal nostro Paese – insolitamente tra i pionieri nella lotta alle schiavitù moderne, secondo crimine mondiale dopo il narcotraffico, ormai paragonabile ad una vera e propria industria – che punta a rafforzare non soltanto la prevenzione e la repressione del crimine, quanto altresì la rete, istituzionale e non, di tutela delle vittime, apprezzabilmente svincolata dal meccanismo della collaborazione.
… Almeno ogni tanto possiamo dire con orgoglio di essere italiani!
Silvia Onnis