UN SEMINARIO PER ESTIRPARE LA BUROCRAZIA

Se si smettessero i panni dei paradossi e si indossassero quelli della coerenza e della determinazione la sudditanza verrebbe meno.

di Ernesto Bodini (giornalista divulgatore di tematiche sociali)

Pur considerando i molteplici problemi e drammi che quotidianamente affliggono il nostro Paese, quello relativo alla burocrazia (che personalmente seguo da molto tempo) di fatto non viene affrontato da nessuno, se non in sporadici casi e del tutto a carattere personale ma non a livello collettivo.  Tutta al più si pubblicano libri… ma poi nulla succede! Apparentemente questo fenomeno prettamente “Italy” sembra essere irrisolvibile, ma io non credo perché se solo fossimo tutti più coerenti e determinati, le difficoltà perpetrate quotidianamente dal burocrate di turno potremmo superarle… senza dover ricorrere necessariamente alla consulenza legale. È noto che la burocrazia spesso crea danno alla società e, paradossalmente, anche alle stesse Istituzioni. Quindi come agire a riguardo? Alcuni anni fa, in Torino, ad un Ente di particolare rilevanza culturale e assiduamente frequentato da persone di ogni ceto socio-culturale, proposi (a titolo non profit) un Seminario dal titolo La burocrazia in Italia – Sinonimo di potere ed efficienza, ieri; di potere e quasi sempre di inefficienza, oggi, il quale comprendeva tre incontri a cadenza quindicinale, che qui sintetizzo in progressione. Il primo incontro prevedeva un ripasso sull’Educazione Civica, origini e terminologia, tra pragmatismo e inefficienza, contro la raccomandazione, cultura dei diritti e dei doveri, giustizia e responsabilità, e volendo approfondire… Il secondo incontro verteva su come ci si dovrebbe comportare quando si ha bisogno della P.A., mobbing: un “nemico” che si può affrontare: basta volerlo, l’Urp, l’informazione e la comunicazione nella P.A., gli Uffici Stampa, il patronato e le associazioni di volontariato, il Difensore Civico: chi è, cosa fa, perché riabilitare l’autodidatta. Il terzo incontro verteva sulla burocrazia come esperienza personale e verso la collettività. Il programma, apparentemente fitto e per certi versi impegnativo fu accettato dal referente a cui lo proposi, il quale si rese disponibile concordando le tre date e un’aula dove esporre. Peccato che ai tre appuntamenti fui l’unico a presenziare, quindi nessun uditore, e nemmeno ebbi il “conforto” di un commiato (ed eventuali giustificazioni) dal mio referente. Ma a parte questa “mancanza di tatto” (evidentemente anch’egli una sorta di  burocrate), che mi ha però reso un po’ “più signore”, il fatto maggiormente riprovevole è che ho trovato ingiustificata la totale assenza anche di un minimo di uditorio, ossia cittadini potenzialmente tutti interessati e “a rischio” sudditanza della burocrazia, ma “indifferenti” nel sapere come farvi fronte. Questa superficialità, tanto per usare un eufemismo, a mio avviso denota e avvalora (come ripeto ormai da troppo tempo) quanto sosteneva Alessandro Manzoni (1785-1873): «Noi italiani in genere siamo fatti così: ci rivoltiamo sdegnati e furiosi contro i mali mezzani, e ci curviamo sdegnati sotto gli estremi». È una constatazione che per assurdo persiste da oltre due secoli, e ciò significa che generalmente si preferisce vivere con un problema che non si riesce a risolvere, piuttosto che accettare una soluzione che non si riesce a comprendere! Con quanto su esposto non intendo certo garantire soluzioni tout court, ma dimostrare ancora una volta che il nostro Paese è sempre più avvolto dalla fitta nebbia dei paradossi e delle incongruenze…, e intanto persistono ingiustizie, sofferenze e lamentele. Ma l’obiettività vuole che finché ogni cittadino non imparerà ad armarsi di carta e penna per diffidare e/o denunciare soprusi d’ogni sorta, e a rinunciare al proprio tempo nel popolare le piazze per seguire gli incantatori di gente illusa, le Leggi e la Costituzione rimarranno sempre documento di carta impolverata, tanto che non viene mai meno quanto affermava Armand-Jean duca di Richelieu (1585-1642): «Promulgare una Legge e non farla rispettare, è come autorizzare la cosa che si vuole proibire». E in Italia di Leggi non applicate non si può dire che siano poche! Ultima annotazione: medesima proposta la girai in quel periodo alla Presidenza di due Licei locali, ma ebbi un laconico rifiuto.

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