Breve vita di una associazione di medici dal “culto” artistico ed umanitario

Il “fascino” del medico artista

 

di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)

Quasi dodici anni fa nasceva a Rivoli (To) per iniziativa di un gruppo di medici l’Associazione Medici Artisti (A.M.A.) una realtà che, nel vasto campo della medicina, il vivere consisteva (e consiste) nel trasformare la vita in un’opera d’arte, un percorso culturale multiforme per evadere e per misurarsi con le proprie inclinazioni, contribuendo anche ad iniziative di carattere umanitario. Un sodalizio (al quale io stesso ho fatto parte in veste di giornalista e addetto stampa  e socio onorario) che accomunava medici di ogni disciplina con l’intento di dare spazio alle proprie “potenzialità” artistico-espressive come il teatro, la pittura, la poesia, la musica, la scultura o il collezionismo. L’iniziativa ha trovato riscontro nella forte necessità di “evadere” culturalmente dopo una stressante giornata in ospedale o in ambulatorio, ma anche nel desiderio di un appagamento spirituale che il più delle volte eleva a catarsi anche l’animo più triste e sconfortato. «Il medico – spiegava il dottor Gaetanino Zullo, medico di famiglia e primo presidente dell’associazione, oggi scomparso – è sottoposto a continue tensioni a cui bisogna dare una via di fuga… Poiché l’arte e la medicina (per certi versi) hanno aspetti comuni, il medico in genere è curioso e interessato di fronte alla vita e a tutte le sue espressioni; una inclinazione che trova conforto nelle caratteristiche dell’arte stessa che rappresenta forse il miglior modo per sviluppare la propria vivacità intellettuale».

Sin dall’inizio l’associazione contava 122 soci effettivi (di cui 6 onorari; presidente onorario  l’informatore scientifico del farmaco, oggi in pensione, Mario Piazza, vera e propria anima del sodalizio) dediti a discipline che comprendevano teatro, drammaturgia e scenografia, narrativa, fotografia, poesia; ma anche scultura, pittura, intarsio del legno, musica, canto e cabaret. Tra queste, la musica, il teatro, la pittura e la narrativa erano le più seguite; certamente non solo per il mero desiderio di ammirazione, ma anche per dare maggior sviluppo alla scienza umanistica attraverso la quale potersi confrontare e, nel tempo, contribuire ad iniziative di carattere umanitario e di volontariato. Un esempio per tutti gli impegni artistici del prof. Domenico Castello, libero docente e primario di Pneumologia all’ospedale infantile Regina Margherita di Torino (oggi in pensione). Per oltre quattro lustri il clinico torinese si è dedicato alle attività di scrittore e attore di teatro, pubblicando nel contempo due libri di poesie, due di novelle e un romanzo; inoltre è stato fondatore e direttore della Compagnia Teatrale Vittorio Alfieri (nata sui banchi del liceo e poi riformatasi nel ventennio successivo) i cui componenti, quasi tutti appartenenti al mondo medico, si sono esibiti nei principali Teatri di Torino e del Piemonte presentando un repertorio che spaziava da Shakespeare a Cechov, da Molière a Calderon de la Barca, da Pirandello agli autori medievali. Tra le rappresentazioni più richieste e applaudite “Le allegre comari di Windsor”, commedia in 4 atti di W. Shakespeare; e “Processo a Gesù”, due tempi e un intermezzo di Diego Fabbri. «Non sono certo mancati riscontri – ha spiegato il medico-attore –: vivere tutte quelle emozioni che il teatro offre oltre alla vita, soprattutto per chi, come noi, è a contatto con malattie, dolore e morte, la recitazione si rivela una giovevole cura per scaricare le tensioni». Le manifestazioni avevano anche lo scopo di devolvere gli incassi ad associazioni dedite alla cura delle pneumopatie infantili e della fibrosi cistica.

Per sostenere le opere dei soci l’A.M.A. (secondo e ultimo presidente il medico di famiglia Mario Priore) ha progettato numerose iniziative: fondare una rivista, un sito internet, istituire dei corsi per le varie discipline, visite guidate, serate musicali e conferenze monotematiche; ma anche esposizioni di pittura e scultura. Queste ed altre iniziative, come la costituzione del Gruppo di Studio Interdisciplinare Arte e Psicologia, hanno riproposto l’importante dibattito sul rapporto tra attività professionale ed attività extra-lavorativa, anche se nel corso degli anni non sono stati disponibili dati statistici in merito. Realtà che ho voluto riproporre, nonostante l’associazione non esista più da qualche anno, per evidenziare i sempre utili orientamenti a vantaggio della cultura prodotta dai medici stessi, il cui percorso (se imitato da altri esempi) non ha traguardi se non quello di vivere intensamente in uno spazio posto come luogo dove lo spirito può respirare, meditare, escogitare, realizzare un concreto approccio con le discipline dell’arte. Questo, ovviamente, dopo aver contribuito a rendere più tranquillo il sonno dei loro pazienti.

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