Una legge dedicata al “Dopo di noi” in dirittura d’arrivo
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
Sia pur lentamente prosegue l’iter per legiferare il provvedimento della cosiddetta legge sul “Dopo di noi”, per l’assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno famigliare. Provvedimento recentemente approvato dalla Camera (poi andrà alla votazione del Senato) con 374 sì, 75 no e 11 astenuti. Di per sé potrebbe essere una buona legge, anche se all’atto pratico i risvolti potranno essere non di poco conto. Ma in sostanza di cosa si tratta? Circa il 15% delle famiglie italiane è direttamente interessato al problema della disabilità. Per il disabile fisico e/o psico-fisico grave, come per ogni altra persona con seri problemi di salute, la vita con i genitori può risultare efficace e più completa la soluzione ai bisogni assistenziali; ma molte di queste famiglie hanno spesso bisogno di concreti sostegni, soprattutto quando i genitori dei disabili invecchiano o a loro volta si ammalano… Il problema che più li “preoccupa” è l’incertezza del “dopo”: dopo la nascita di un bambino disabile, dopo quel trattamento riabilitativo, dopo la scuola, dopo la formazione, dopo la morte dei genitori… In queste famiglie, il non poter avere una “certa” sicurezza relativamente alle varie tappe esistenziali che il proprio figlio dovrà affrontare, si fa strada un senso di sfiducia nei confronti dei servizi, ma anche di viva preoccupazione… Si rende quindi utile attivare appropriati programmi di integrazione per garantire la presa in carico e per giungere ad individuare e mettere in atto politiche a sostegno della famiglia e del “dopo di noi”.
Già nel Programma di azione del Governo per le politiche dell’handicap 2000-2003 erano previste alcune azioni come lo sperimentare un programma di intervento precoce verso il bambino disabile ed a sostegno della famiglia; creare opportunità dirette e indirette per potenziare le risorse e il loro utilizzo costruttivo per un adattamento positivo della persona handicappata; semplificare le procedure di accertamento dell’invalidità civile; avviare il riordino delle provvidenze economiche necessarie secondo determinati principi. Sempre secondo tale Programma, per quanto riguarda la residenzialità si rendeva opportuna la programmazione di un apposito progetto che prevedeva ulteriori opportunità anche per una vita extra familiare, anche come bisogno esistenziale del disabile mantenendo un sistema di autonomia con i suoi stessi genitori, ritenendo utili interventi come la determinazione di una quota pari al 2% di riserva di alloggi di edilizia residenziale pubblica per i servizi sociali degli Enti Locali; definizione dei criteri di accreditamento per le strutture di rilevanza sanitaria e sociale; istituzione di almeno una Rsa (20 posti) o piccola comunità (residenza protetta) ogni 50 mila abitanti; realizzazione di progetti di residenzialità programmata a carattere socio-assistenziale ed educativo, etc. Ulteriori interventi previsti sempre dal suddetto Programma riguardavano il problema della mobilità, ovvero luoghi e mezzi senza barriere affinché la persona disabile potesse muoversi agevolmente e con maggiore autonomia possibile. Particolari suggerimenti prevedevano la considerazione di azioni volte al miglioramento del trasporto pubblico e privato; come pure ampi interventi riguardavano la realizzazione di maggiori opportunità nell’accesso allo sport, alle attività culturali e al turismo. Mentre per quanto concerne il sistema integrato di fonti informative sull’handicap, i servizi, le soluzioni tecnico-organizzative, la legge n. 162 del 21/5/1998 assegnava al ministro per la Solidarietà Sociale il compito di promuovere indagini statistiche e conoscitive sull’handicap.
Secondo i promotori della attuale legge, l’esponente della Sinistra Italiana, Marisa Nicchi, citata dal mensile Panorama della Sanità del 5 febbraio scorso, afferma: «Questa legge impedirà la segregazione dei disabili negli Istituti e nelle Rsa (che ad oggi rappresentano l’85% dell’offerta) promuovendo in tutti i modi e in tutti gli ambiti l’autonomia dei disabili, volta a favorire il benessere, l’inclusione e l’autonomia delle persone con disabilità». Quest’ultimo provvedimento pare contenere, quindi, norme e stanziamenti già fissati in legge di stabilità, tali da dare risposte concrete ai disabili gravi e alle loro famiglie. Orientamento, questo, che rasenta una legge rivoluzionaria per l’Italia d’oggi che, secondo il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin (nella foto), «… le nuove norme sono immaginate in un più ampio processo di riforma della socio-assistenza, perché la persona che esce da un ospedale non deve essere sola ma accompagnata nel suo percorso». Convinzioni e promesse per la realizzazione di una legge che, una volta ratificata, il cittadino si aspetta la sua reale applicazione… Intanto, continuano gli episodi di maltrattamenti di disabili e gravi sofferenti (minori e adulti) ricoverati in Istituti pubblici e privati. L’ultimo caso riguarda il Centro Aias di Decimomannu (Ca), riportato dall’Ansa, i cui 14 operatori sono stati sospesi per aver attuato maltrattamenti, percosse, lesioni personali e omissione di referto nei confronti degli ospiti affetti da gravi e croniche forme di disabilità psico-fisica. Una ennesima vergogna che, a mio avviso, non è cancellabile dalla ricca storia di inciviltà italiana, mentre sono prevenibili episodi di questo ed altro genere se solo si attuasse una più severa selezione nell’assegnare tali mansioni, per le quali a volte il primo requisito non è un titolo di studio ma un dimostrabile “senso” etico. Ma quest’ultimo requisito, purtroppo, non è mai contemplato in nessun concorso pubblico!