UN’INTERVISTA A PESO D’ORO PER SODDISFARE LA CURIOSITÀ POPOLARE
Anche la Casa Reale inglese “boccheggia” e non è priva di problemi, come del resto tutta la nazione. Divulgare segreti e verità è forse un bisogno, ma inevitabilmente assume particolare valore di fronte al denaro… soprattutto per chi vuol sapere per far sapere
di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)
Forse non c’é da stupirsi e tanto meno da scandalizzarsi perché l’era del consumismo tout court (a parte l’attuale “stasi” pandemica) ha ormai preso il sopravvento su tutto, anche su ogni forma di intimità ivi compresa la vita di una ultra secolare dinastia monarchica come quella inglese. Quindi fatti, fatterelli e fattacci (panni sporchi) con incluso ogni possibile incidente diplomatico, sono alla mercé del mondo intero, anche del più comune uomo di strada, tanto da smuovere direttamente o indirettamente ingenti somme di denaro. Non basta il fasto, per quanto ereditato e trasmesso di generazione in generazione, anche i mass media lucrano (a torto o a ragione) su tali realtà. Ed è di questi giorni la notizia che secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, la CBS avrebbe pagato dai 7 ai 9 milioni di dollari per mandare in onda l’attesissima intervista di Meghan Markle e del principe Harry (nella foto durante l’intervista con la popolare conduttrice americana Oprah Winfrey), seguita finora da oltre 50 milioni di telespettatori al mondo (i dati si riferiscono a 17 Paesi contro gli 80 a cui la CBS ha venduto i diritti), in particolare da quasi 18 milioni negli USA e da oltre 13 milioni nel Regno Unito. L’intervista con Meghan e Harry è durata due ore; in Italia è andata in onda martedì 9 marzo alle 21.30, su Tv8, canale in chiaro del gruppo Sky, come se per due ore la loro vita si fosse fermata per entrare in quella dei due nobili di Casata… forse oggi “espropriati”. L’accordo con la Winfrey’s Harpo Productions comprendeva anche i diritti per trasmettere lo speciale all’estero, mentre Meghan e Harry non sono stati pagati dalla CBS per prendere parte all’intervista. Ben venga il “buon gusto” della giovane coppia inglese nel non aver avuto un compenso in merito all’intervista rilasciata, del resto non ne avrebbe bisogno; ma resta il fatto che per quanto pesanti e piccanti potessero essere state le dichiarazioni rilasciate all’intervistatrice, l’esborso è stato cospicuo mentre con quella cifra (almeno in parte) si sarebbe potuto contribuire sostenendo i costi nella gestione medico-sanitaria e assistenziale della pandemia.
Questione di lana caprina? Demagogia? Retorica? Niente di tutto ciò perché in realtà simili editoriali si perdono nel tempo, e vorrei rammentare che in tempi precedenti altre importanti personalità, in ogni campo, hanno avuto altrettanto censo e sicuramente l’essere portati alla ribalta dai mass media non sempre ha necessariamente comportato il dispendio di cifre spropositate… Personalmente non ho certo né occasione e né l’ambizione di conoscere questi protagonisti ormai di fama planetaria, e né di vestire i panni del giornalismo televisivo particolarmente ambizioso e… pruriginoso, perché non ritengo così appetibile conoscere (e far conoscere) scottanti realtà di nobili, sia perché appartengono ad un mondo di prezioso cristallo (facile a frantumarsi in qualunque momento, vedi la realtà della principessa Diana), sia per l’elevato peso sociale, morale e di immagine nei confronti dell’umanità… ovviamente con tutto il massimo rispetto per gli interessati. Ma tornando alla cupidigia dei mass media, per quanto possidenti dal punto di vista economico, non trovo molto giustificato dare aria al proprio portafoglio per ottenere confidenze più o meno ufficiali, anche se tali cifre si riversano in parte sulle spese e sull’indotto. Anch’io sono un giornalista, e in oltre sei lustri ho avuto modo di avvicinare importanti personalità della Scienza medica e della Cultura internazionale e, a parte gli editori di allora, non mi sono mai sognato di essere un “tramite” per fare una certa cassa… È ovvio che scrivere e pubblicare è un lavoro (intellettuale), e ogni collaborazione (subordinata o meno) dei giornalisti dipende dai rapporti con i vari editori, che possono essere più o meno finanziariamente importanti; ma mai ho avuto (e avrei) l’ambizione di rincorrere una eccessiva notorietà di firma, e tanto meno di un conto in banca. Ma tant’è. Se l’informazione è un diritto-dovere e soprattutto investimento che dà lavoro e smuove determinati poteri, è altrettanto vero che rapporti meno avidi renderebbero l’uomo più “vicino” ai suoi simili ma nello stesso tempo più lontano dalla loro intimità familiare… anche se questa a volte sono loro stessi a volerla rivelare.
La prima immagine è tratta da Prima Comunicazione,
la seconda da Notizie H24