Via alla lotta ai falsi invalidi … con tanti “ma”
Abbiamo visto filmati di presunti non vedenti che parcheggiano o leggono il giornale; abbiamo sentito la notizia di un intero quartiere di supposti pazzi: è dunque incontrovertibile che i falsi invalidi costituiscano una vera e propria piaga per l’intero Paese (oltre che, ovviamente, per i veri disabili). Non altrettanto pacifica, tuttavia, è l’individuazione dei giusti strumenti per combattere il fenomeno, come dimostra il dibattito attorno all’art. 10 del d.l. 31 maggio 2010 n. 78 (recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”), con il quale il Governo ha voluto fare della lotta alle false invalidità uno dei pilastri della manovra finanziaria per il 2011.
Coerentemente con i dati risultanti dall’ultima relazione annuale dell’INPS – che registrano da un lato un continuo aumento della spesa pubblica per prestazioni di invalidità, dall’altro una riduzione dei benefici illegittimamente erogati, quale conseguenza diretta di un considerevole aumento dei controlli – la disposizione prevede per un verso (comma 1) l’innalzamento della percentuale di invalidità richiesta per accedere al beneficio economico dell’assegno mensile (dal 74% all’85%), per altro verso (comma 4) un potenziamento dei programmi di verifica del possesso dei requisiti per i percettori di prestazioni di invalidità civile (con ben 200.000 verifiche aggiuntive annue): l’azione combinata sui due fronti dovrebbe determinare, nel prossimo triennio, un effetto positivo sulla finanza pubblica complessivamente quantificabile attorno ai 460 milioni di euro. Si aggrava poi la posizione di coloro che contribuiscono al dilagare del fenomeno, ovvero gli esercenti una professione sanitaria che attestano falsamente uno stato di malattia o di handicap, cui consegua il pagamento dei trattamenti economici in parola.
Ferma restando l’indubbia bontà degli intenti, si teme ora che lo stimato vessillo della lotta ai falsi invalidi ci cada sugli occhi, facendoci perdere di vista importanti fette di realtà: a titolo esemplificativo, si consideri che – come opportunamente evidenziato dal CoorDown Onlus (Coordinamento Nazionale Associazioni delle persone con sindrome di Down) – in base alle tabelle elaborate dal Ministero della Sanità, alle persone affette da sindrome di Down è riconosciuta un’invalidità pari soltanto al 75% (raggiungendosi il 100% solo se alla sindrome è associato un ritardo mentale grave), di talché la maggior parte di esse rischia di non poter più usufruire dell’assegno mensile e così rimanere priva di reddito, posto che in concreto solo una minima percentuale riesce ad accedere ad un lavoro retribuito.
A fronte della valanga di emendamenti proposti – tra i quali i numerosi che mirano a sopprimere l’intero primo comma e quello dei senatori PdL Vicari e D’Alì, che tende per l’appunto a sottrarre all’operatività della disposizione i soggetti portatori di sindrome di Down – non ci resta che confidare in una ventata di ragionevolezza in sede di conversione, benché purtroppo qualcuno (ovvero i senatori leghisti Garavaglia e Vaccari che hanno proposto un meccanismo di condono per i falsi invalidi, basato su un’improbabile autodenuncia che consentirebbe di scongiurare l’applicazione delle sanzioni) abbia già dato avvisaglie di segno opposto.
Silvia Onnis
(Nella foto Ezio Greggio, finto non vedente in “Grandi magazzini”)