A Torino il XXXVI congresso nazionale della Società italiana trapianti d’organi (S.I.T.O.)
BILANCIO POSITIVO DEI TRAPIANTI IN ITALIA
La carenza di risorse non “riduce” le donazioni di organi, e la Rete organizzativa ha sempre più consistenza per la professionalità di tutti gli operatori del settore
La qualità dei trapianti d’organo a scopo terapeutico in Italia è migliorata notevolmente negli ultimi anni, e anche nell’ultimo triennio 2009-2011 l’outocome è paragonabile o superiore ai principali Paesi europei. Note positive che emergono dai registri internazionali, ma anche dagli interventi del congresso che si è tenuto recentemente nel capoluogo subalpino, una tre giorni di intense relazioni scientifiche e politico-sociali, precedute dall’esposizione introduttiva di Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro Nazionale Trapianti (CNT) e neo presidente del Comitato Trapianti del Consiglio d’Europa (CDPTO) che, ricordando la figura del prof. Sergio Emilio Curtoni, immunologo dei trapianti all’ospedale Molinette di Torino (a nove anni dalla sua scomparsa), ha rilevato come notevole è stata la crescita del Centro di trapianti di fegato in Europa (quello di Torino è diretto dal prof. Mauro Salizzoni), oltre a quelli di trapianto renale, diretto dal prof. Giuseppe Paolo Segoloni; di cuore e polmoni, diretto dal prof. Mauro Rinaldi, che rappresentano un’eccellenza; ma anche un’attività di Rianimazione, diretta dal dott. Pier Paolo Donadio.
La realtà italiana ha avuto il riconoscimento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) alla vigilanza e alla sicurezza di organi, cellule e tessuti; come pure al Centro nazionale e alla Rete di essere organismo di riferimento per queste problematiche. «Siamo ritenuti un sistema trapiantologico fra i migliori d’Europa al pari della Spagna e della Francia – ha ricordato Nanni Costa –, la cui attività per numero e qualità dei trapianti e per l’organizzazione, rappresenta davvero il benchmark europeo. E il riconoscimento viene anche dalla presidenza del Consiglio d’Europa della Commissione Trapianti, voluta dai suoi ministri nel 1987 per poi elaborare una direttiva sulla qualità e la sicurezza degli organi e tessuti dalla quale far nascere un dialogo comune fra le Organizzazioni di 48 Paesi, oltre a una Organizzazione canadese e altre asiatiche. Ma vi sono statistiche che non tengono conto del fatto che noi abbiamo una Organizzazione Trapiantologica all’interno di uno fra i più grandi Paesi europei, e va anche detto che la complessità rappresenta in questo sistema un fattore di difficoltà aggiuntiva». Ogni anno in Italia si effettuano circa 3 mila trapianti d’organo, sia addominali (in prevalenza reni e fegato) sia toracici (cuore e polmone). Il numero di donatori è in aumento: dai 21,9 donatori effettivi per milione di popolazione del 2011, ai 23,5 del primo semestre 2012; da 18,4 a 19,8 per quelli utilizzati. Anche le opposizioni alla donazione sono in calo: dal 28,7 del 2011 al 27,6 (primo semestre 2012). Quasi invariata invece, per ora, la lista d’attesa. Nel primo semestre 2012 risultano iscritti 8.731 pazienti contro gli 8.783 del 2011.
Ma i meriti sono soprattutto della Rete organizzativa attraverso tutti i professionisti che operano in ambito sanitario la cui eccellenza non si è manifestata solo in qualità scientifica, ma anche in quella capacità di assumere delle responsabilità e di condividere delle scelte trasparenti e, sotto questo aspetto, il grado di fiducia e di consenso dei cittadini è sempre più in crescita, nonostante le non poche difficoltà. Questo è il valore della trapiantologia italiana e le conseguenti scelte condivise anche nei momenti più difficili perché il problema degli ospedali, della sanità e della diminuzione di risorse coinvolge tutti. «In effetti abbiamo avuto una forte riduzione dell’attività nei mesi estivi – ha spiegato il relatore –, segnale evidente delle scarse risorse, meno donazioni e quindi meno trapianti. Ciò nonostante sono ottimista perché credo che l’anno finirà in positivo, ossia con le stesse risorse e con la stessa qualità e quantità di lavoro si otterranno notevoli risultati proprio grazie alla Rete, e all’accordo Stato-Regioni sulla sostenibilità dell’attività trapiantologica che apre la strada ad una maggiore collaborazione delle Regioni e all’interno delle stesse».
È evidente, e quindi inopinabile, che i trapianti devono ormai diventare un’attività al di fuori del governo di una singola Azienda sanitaria (la concorrenza fra le Aziende in questo caso non è certo un “toccasana”), ma deve assumere una forma di carattere regionale dove i Centri di trapianti promuovono gli accordi per concentrare i servizi e utilizzare gli stessi, oltre a diminuire il consumo di risorse e al cui interno dare lo stesso prodotto o un prodotto migliore. Non c’è alcun dubbio che i trapianti sono un costo notevole ma rappresentano meno dello 0,5% di tutti gli interventi chirurgici fatti in Italia, e non è da questi che ci saranno i risparmi; allo stesso modo bisogna avere la capacità di presentare e attuare elementi di razionalizzazione della Rete e di sostenibilità della stessa. «Abbiamo di fronte delle grandi sfide – ha concluso il dottor Nanni Costa –, ossia come fronteggiare le gravi insufficienze d’organo, perché il trapianto viene visto come una filiera, ossia un’alternativa terapeutica a tali gravi carenze… Quindi si impone l’esigenza di regole, di audit, di valutazione e di omogeneizzazione nei pazienti da trattare. Segni di fiducia nei regolatori della Rete che escono dalla nostra esperienza e dalla nostra quotidianità, quella dello studio e della presa in carico della carenza di organi da trapiantare; una grande opportunità da portare avanti bene».
Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)